Possiamo immaginare un 23 febbraio del 1374, un giorno come tanti, in un campo, magari sperduto nelle campagne inglesi, dove un ricco lord dal portamento suntuoso, Per colpire la palla usava la mano aperta, tanto che in Francia il gioco, detto Jeu de Paume (“gioco di palmo”), gridò “tenez!”, tentando di pronunciarlo alla francese anche se gli uscì male ed ecco nascere, in un istante, il termine “tennis”.
Cinquecento anni dopo, il 23 febbraio del 1874, Walter Clopton Wingfield, magari un lontano parente di quel ricco lord da cui ha ereditato la passione, un militare inglese tutto d’un pezzo, un bel giorno, probabilmente vestito di tutto punto data l’importanza dell’evento, decise di recarsi alla Camera dei Mestieri di Londra per depositare l’invenzione di un nuovo gioco che definì lawn-tennis: ecco nascere il tennis moderno.
Insomma dal 1874 il tennis iniziò a diffondersi a macchia d’olio, la voglia di giocare competitivamente si faceva sempre più forte ed è piacevole immaginare, con la nascita dei primi Club, che ci fosse una gara tra i paesi nell’organizzare per primi il più grande torneo di tutti i tempi.
La gara andò ad aggiudicarsela l’Inghilterra che per prima indisse il Torneo di Wimbledon, dando l’avvio al Grande Slam nel 1877. Il primo vincitore, Gore Spencer, fu anche l’inventore della volée: si piazzò alla rete e cercò di rispondere a più palle possibili; inizialmente questo metodo venne contestato ma ben presto, già durante la partita, fu ammesso. Il torneo di Wimbledon, essendo stato il primo, è considerato il più importante e il più tradizionalista, restando immutato nei secoli.
Anche negli Stati Uniti la popolarità del tennis crebbe sempre di più tanto che nel 1881, una volta istituita la federazione, si organizzò il primo campionato nazionale. La Francia e l’Australia non stettero a guardare, decisero di farsi un proprio torneo: nacquero il primo Championat de France nel 1891 e i primi Australiasian Championships nel 1905.
Nel 1968 gli ultimi tre grandi tornei furono ribattezzati rispettivamente Us Open, Open di Francia (noto è anche il termine Roland Garros) e Australian Open: il termine “Open” stava ad indicare che il torneo era aperto a tutti, eliminando la distinzione tra i tornei per professionisti e quelli per amatori.
I campionati nazionali erano stati creati, non rimase che istituire anche quelli tra nazioni, così nel 1898 Dwight Filley Davis della squadra americana volle sfidare quella britannica: questo tipo di competizione, nel 1946, prese il nome di Coppa Davis. Invece la Fed Cup nacque nel 1963 per il 50° anniversario della nascita dell’ITF, la Federazione Internazionale di Tennis.
Tuttavia la storia del tennis non è stata tutta rosa e fiori. Nel 1967 vennero creati i primi due circuiti di tennis maschile: il World Championship Tennis (WCT) e la National Tennis League (NTL). Ben presto i due iniziarono a controllare tutto il gioco tanto da imporre ai giocatori, che erano sotto loro contratto, a quale torneo partecipare.
Per paura dell’egemonia, l’ITF (al tempo denominata International Lawn Tennis Federation – ILTF), nel 1969 approvò la nascita del Gran Prix di cui facevano parte i tre grandi Slam ad esclusione di quello australiano. I contrasti tra i circuiti erano talmente forti che uno vietò di partecipare ai tornei dell’altro e viceversa.
I giocatori, probabilmente stufi di essere manovrati come marionette, fondarono un proprio sindacato: nel 1972 nacque l’Association of Tennis Professionals (ATP) che sanciva i diritti dei tennisti, proteggendoli dalla ILTF e dal WCT. Nel 1973 venne fondata anche la Women’s Tennis Association (WTA) la principale associazione del tennis femminile.
Insomma, siamo passati dai nobili ai sindacati perché il tennis è così, è un passione che prende tutti, dai professionisti agli amatori, che strizza l’occhio ai più ricchi ma anche ai più poveri, perché tanto su quel campo siamo tutti uguali: da soli, con i nostri pensieri, con le nostre paure, con la voglia di resistere e di vincere ancora una volta; così ci sentiamo soddisfatti e siamo campioni, a tutti i livelli.
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